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La Mano del demonio a San Felice Circeo
Strani racconti e leggende si intrecciano a luoghi selvaggi, speroni di roccia e boscaglie dei Monti Lepini e dell’Area Pontina.
Si tramanda oralmente che nell’Ottocento lungo la via del Faro, a San Felice Circeo, c’era una formazione rocciosa vicino all’iscrizione latina del I secolo che, in latino, recita il seguente indovinello: “Chiunque riuscisse a decifrasse l’iscrizione diventerebbe ricco, poiché la montagna si spaccherebbe lasciando piovere monete d’oro”.
Si racconta che quella roccia, una specie di stalattite, fosse proprio sotto l’iscrizione latina e avesse la forma di una grossa mano. Questa era talmente grande che veniva chiamata la mano del Demonio.
Oggi quella mano non c’è più ma non sono mai pervenute prove della sua esistenza: né dipinti dell’epoca né foto in bianco e nero. Eppure i Sanfeliciani continuano a parlarne e la storia resta legata al territorio suggestivo di San Felice Circeo che si presta.
C’è chi racconta che la roccia sia andata distrutta con i lavori di sistemazione e allargamento dell’antica strada romana e chi dice invece che un ordine monastico locale l’abbia distrutta con l’esplosivo perché la considerava pericolosa e voleva scongiurare eventuali celebrazioni di riti pagani alla struttura demoniaca. Insomma un vero mistero avvolge la sua scomparsa.
Si racconta che sempre nella stessa area fosse scomparsa anche una monaca e che nelle ore notturne echeggiassero i suoi sospiri.
Chi distrusse la mano del Demonio?
Qualcuno riuscì davvero a decifrare l’iscrizione e la montagna si spaccò?
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